Dal 1997 il centro sociale autogestito Pacì Paciana è uno spazio liberato e autogestito in cui si pratica una risposta diretta ad alcuni bisogni, sia personali, che di una città come Bergamo priva di sbocchi culturali e aggregativi fruibili staccati da logiche di profitto.
Proponiamo concerti, bar, cucina [quando c’è] a prezzi popolari, una sala prove, laboratori di teatro e giocoleria, la ciclofficina, lo skatepark e un laboratorio multimediale dove sperimentare forme e metodi di comunic_azione.
Il punto fermo è l’opposizione al neoliberismo, al fascismo, ad ogni tipo di discrimanzione.
Negli ultimi anni abbiamo cercato di tessere una rete, o semplicemente di insinuarci in reti già esistenti con lo scopo di rafforzarle, per andare contro alla guerra globale, alla videosorveglianza e alle varie forme di controllo,alla repressione del dissenso, al carovita, alla precarizzazione delle esistenze...
La potenzialità aggregativa e conflittuale che abbiamo espresso sicuramente infastidisce ed è quindi normale che “l’ordine costituito” faccia sentire la sua pressione a Bergamo, come nel resto dell’Italia.
Questura, mezzi di dis-informazione, partiti , sembra che all’occorrenza si compattino fra loro creando campagne ad hoc per criminalizzare il dissenso, articoli ridicoli, omissioni, finte interviste, trappole pensate a tavolino dalla digos in un farsesco, quanto reale, tentativo repressivo.
L’Eco di Bergamo, A.N., Lega, Forza Italia, una destra oscurantista che alterna molto bene doppiopetti e teste rasate.
Per fermare tutto questo è indispensabile agire nella quotidianità, presentare istanze, rendere espliciti i bi_sogni. Sentiamo forte il bisogno di determinare la nostra quotidianità invece che subirla e siamo coscienti che da una pratica simile, dall’attitudine a determinare esca anche una buona ricetta contro quest’ondata di fascismi che ci sta investendo.
Determinare la propria vita significa riappropriarsi della città e quindi anche emarginare ed estirpare le nuove forme di fascismo che ben si mischiano alle forme più vecchie e ben note.
Esponenti in doppiopetto con un passato tutt’altro che ambiguo fatto di attentati, sparatorie, evasioni, squadracce, che oggi candidamente si candidano in nuove alleanze eversive, come se una leggera mano di trucco bastasse per nascondere quello che sono realmente.
Questurini collusi, che minacciano e cercano di intimidire, dove non riescono ad usare il pugno di ferro della legge.
Giornalisti succubi che pubblicano veline della questura spacciandole per notizie, inventano interviste e che fanno della disinformazione il loro mestiere.
Siamo flessibili ma non vogliamo essere precari, e riappropriarsi della città significa anche lottare contro questa precarizzazione, reclamare spazi e diritti, alla casa, al reddito, alla circolazione, ai saperi. Esplicitare tutto questo è necessario anche per lottare contro questi ultimi avvenimenti, contro quest’ondata di fascismo che sta colpendo in lungo ed in largo in tutta la Lombardia, ma non solo in quella.
Contro le questure conniventi che arrestano e torchiano i compagn* e proteggono i fascisti.
Contro quest’indifferenza delle strutture “democratiche” e della società democratica che non può tollerare un contesto come quello cui siamo difronte, conservando allo stesso tempo l’appellativo di democratico.
Per tutte queste ragioni chiamiamo a Bergamo un grande corteo antifascista che vuole essere anche un corteo dei bi_sogni che si riprenda le strade, gli spazi, che reclami diritti e desideri.
c.s.a. pacì paciana
Vogliamo invece, in quest’appendice, qui evidenziare la strategia che porta da un lato bande di naziskin a colpire i centri sociali e chi fa conflitto e dall’altro organi di disinformazione, questure e fascisti in doppio petto a fare da sponda organica ai bonheads.
Ci troviamo davanti una serie di reazioni dell’ “ordine costituito” (che deve, in un Paese impegnato in una guerra globale, aumentare ancor di più il controllo sociale) che si possono leggere su un doppio binario: se da un lato per esempio i giornali, nel caso bergamasco “l’eco di bergamo”, saltano a piè pari iniziative e presenze del centro sociale (per esempio il bel corteo dei migranti del 23 ottobre quando la presenza del c.s.a. è stata ignorata nonostante fossimo stati un pezzo importante dell’organizzazione della manifestazione), ignorando tutto il lavoro aggregativo fatto, dall’altro lato si permettono di usare la fantasia e inventare interviste (come quelle uscite – recentemente – riguardo alla distruzione dell’automobile e l’aggressione subita da alcuni ragazzi la notte fra il 16 e il 17 ottobre fuori dal pacì oppure un’altra intervista a “un ragazzo del pacì paciana” completamente frutto dell’immaginazione del giornalista uscita il giorno successivo al rogo del pacì), speculando su tutto quello che avviene nei nostri confronti: l’aggressione subita in città alta è stata per loro una “guerra fra bande”, così come precedentemente le provocazioni subite il 24 aprile. I media locali (ma faremmo meglio a dire “il giornale unico locale”, dato che il monopolio della dis-informazione bergamasca è in mano a “l’eco di bergamo”) attutiscono, stemperano quanto succede e nel contempo mischiano le carte sul tavolo, per propinare ai lettori le solite notizie trite e ritrite e i soliti commenti che non si espongono ma fanno tanto tanto vendere.
Anche la Questura di Bergamo usa un doppio canale, uno “visibile” e uno sottile e “invisibile”. Se “per legge” arrivano a punire con la massima durezza qualsiasi cosa, come anche solo un attacchinaggio, e cercano di trovare tutti i modi per colpire in maniera sistematica chi esprime dissenso, ci troviamo invece dall’altro lato a metodi da “strategia della tensione”: minacce (come quelle nei confronti di alcuni ragazzi il 2 giugno durante la contestazione al vicepremier Fini: alcuni agenti della digos portavano in disparte e minacciavano di “scannare” alcuni ragazzi, sequestrando loro anche il cellulare per qualche tempo), cariche indiscriminate e gratuite (corteo studentesco del 23 novembre, con conseguenti minacce di falsa testimonianza verso un esponente del c.s.a. pacì paciana), le “trappole” verso il movimento, alle quali gli agenti digos non sono nuovi: qualche anno fa accudivano uno sparuto nucleo di Volontari Verdi durante una partecipata festa multietnica in via Quarenghi a Bergamo, aspettando solo di poter affibbiare qualche denuncia a chi li avvicinava per far loro capire che la Bergamo antirazzista non li voleva, così il 24 aprile del 2004 hanno accompagnato per tutto il centro cittadino una banda di naziskin per poi “scagliarla” contro un gruppo di compagn* che stava facendo l’aperitivo. Ora a tutto questo si unisce anche il tentativo di addossare ai frequentatori stessi del c.s.a. Pacì Paciana la colpa dell’incendio subito.
Senza dimenticarsi la storia, il passato più o meno vicino: nei giorni prima del vertice G8 a Genova 3 compagni del c.s.a. Pacì Paciana sono stati aggrediti e malmenati (al grido di “a Genova vi spacchiamo il culo”) da alcuni poliziotti: uno di questi, Alfio Rota Bulò (nominato poi “agente dell’anno” per la questura di Bergamo....) si inventava di essere stato aggredito e denunciava i tre ragazzi.
La destra bergamasca, in particolare la Lega Nord, ha creato il clima di intolleranza verso il centro sociale e il Movimento nel quale i naziskin sguazzano. Attraverso le loro voci più becere e urlate, come Belotti da anni portano avanti una campagna di odio contro immigrati e sedicenti “noglobal”, invocando maggior controllo e repressione, fomentando insicurezza sociale, intolleranza diffusa e razzismo. Sono fascisti in doppiopetto, sicuri nelle loro poltrone, con la possibilità di sfruttare a piacere i mezzi di comunicazione.
L’aspetto invece meno “salottiero” della destra bergamasca ha la testa rasata e fa il gioco della destra istituzionale e del potere costituito. E’ carne da macello per i “padroni del vapore”, pronta per essere lanciata, educata in un clima di odio verso “il diverso”, contro i centri sociali. Accade a Bergamo, accade a Milano, dove in un anno e mezzo abbiamo visto succedersi una serie impressionante di aggressioni, frutto di un rimettersi in moto di una rete lombarda neofascista: aggrediscono nei paesi i ragazzi con i capelli lunghi o con la cresta, bruciando loro la macchina (come è successo nell’hinterland di Bergamo), sguazzano impuniti per Bergamo facendo saluti romani e scortati dalla digos (come il 24-4-2004), aggrediscono con coltelli alcuni ragazzi del c.s.a. Pacì Paciana la sera del 31 luglio 2004 in Città Alta, tendono agguati fuori dal centro sociale, godendo di protezione e immunità.
A Milano ma come in altre città della Lombardia accade la stessa cosa:
3 febbraio a Milano,aggressione di un ragazzo di ritorno dal centro sociale Orso;
23 marzo a Milano, incendio doloso nella sede del Naga;
11 aprile a Cermenate, aggressione a due studenti
2 giugno a Vigevano, incendio doloso all'interno del centro sociale La Sede;
6 agosto a Milano aggressione agli avventori del Malabestia ad opera di bonehead che immediatamente dopo si scontrano con alcuni ragazzi del vicino centro sociale CSOA COX18, accoltellandone sei di cui tre in punti vitali;
16 agosto a Milano, tentato furto al centro sociale Vittoria, arrestati i tre che cercavano di scassinare la porta;
17 agosto a Milano, incendiato il centro sociale Cantiere;
8 settembre a Busto Arsizio appiccato il fuoco all'interno della sede dell'Anpi
9-10 gennaio a Milano incendiata l’Officina della Resistenza Sociale.
A Milano gli/le antifascist* sono anche sotto processo e hanno subito già carcere e misure restrittive per aver fatto scendere da un treno speciale per un corteo un gruppetto di fascisti: sono accusati di aggressione e rapina, il carrozzone della [dis]informazione e della repressione ha tentato di chiudere la bocca a chi da anni si oppone al fascismo e al razzismo ogni giorno, nella quotidianità del cercare di costruire una società diversa
24-25 gennaio a Brescia incendiato il Magazzino47
LA RESISTENZA CONTINUA!
www.ecn.org/paciana
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